Ruolo giuridico del Testimone nel Battesimo

Il Codex Iuris Canonici presenta ai cann. 849-878 l’istituto del patrinato. In essi è specificato il ruolo ecclesiale del padrino e della madrina di Battesimo\Cresima, i requisiti e il fine di questo compito così importante.

Il decreto conciliare Christifideles laici al n. 23 ricorda: “Nell’apostolato personale ci sono grandi ricchezze che chiedono di essere scoperte per un’intensificazione del dinamismo missionario di ciascun fedele laico. Con tale forma di apostolato, l’irradiazione del Vangelo può farsi quanto mai capillare, giungendo a tanti luoghi e ambienti quanti sono quelli legati alla vita quotidiana e concreta dei laici. Si tratta, inoltre, di un’irradiazione costante, essendo legata alla continua coerenza della vita personale con la fede; come pure di un’irradiazione particolarmente incisiva, perché, nella piena condivisione delle condizioni di vita, del lavoro, delle difficoltà e speranze dei fratelli, i fedeli laici possono giungere al cuore dei loro vicini o amici o colleghi, aprendolo all’orizzonte totale, al senso pieno dell’esistenza: la comunione con Dio e tra gli uomini”[1]. Anche la figura del padrino deve essere considerata come un modo concreto di svolgere una missione nella Chiesa. Il munus del padrino è inserito nella funzione ecclesiale di testimoniare  con la propria vita e le proprie scelte l’adesione alla fede e al Vangelo.

Nel recente documento della CEI Incontriamo Gesù si legge: “Se i genitori vanno riconosciuti come primi educatori della fede dei loro figli, i padrini e madrine hanno la responsabilità di collaborare con loro per accompagnare i bambini e i giovani loro affidati.  Grande cura andrà, quindi, riservata a quanti, all’interno dell’ambiente familiare o comunitario,  possono essere scelti per rivestire tale ruolo: lungi dallo svilirli a livello pratico, si tratta di  prepararne la scelta, la qualificazione e la valorizzazione. A questo scopo, a seconda delle risorse  della comunità, possono essere pensati percorsi essenziali di preparazione insieme ai genitori,  affinché i candidati a essere padrini riflettano sull’assunzione di responsabilità connessa con questo  ruolo e sulla loro testimonianza di fede”[2].

Nel contesto di questa cura e premura da parte dei Pastori della Chiesa nei confronti del ministero dei padrini, occorre specificare anche per l’ambito canonico alcune sottolineature che emergono dalla prassi ecclesiale e dall’applicazione delle norme attualmente in vigore.

Il can. 872 ha un contenuto fortemente pastorale ove si afferma che il padrino ha innanzitutto il compito di curare la maturità della fede, di aiutare e favorire nel battezzato la vita evangelica e la fede nella Chiesa che ha professato in seno alla comunità cristiana. Il Codice al can. 872 esplicita quantum fieri potest: è una norma dunque non tassativa, il che non vuol dire che sia per ciò stesso facoltativa. “Per quanto sia possibile”, indica il valore chiaro e certo della figura del padrino nella Chiesa. È un ruolo che presuppone delle qualità fondamentali: un fede matura, una età qualificata e certificata come espressione di un cammino personale già in atto, la decisione di portare avanti un compito educativo per tutta la vita. Il padrino si impegna ad essere garante dell’accompagnamento personale e della cura personalis che la Chiesa è chiamata ad offrire a ciascun battezzato. Il Signore mediante il Battesimo ci chiama per nome e ci offre, non solo una nuova dignità come figli nel Figlio, ma si impegna con noi personalmente, non ci lascia soli, ci offre un aiuto personale che arriva a noi mediante la comunità cristiana di cui il padrino o la madrina è segno e strumento. Segno come espressione della fede della Chiesa che lui per primo è chiamato a vivere, strumento in cui si attua concretamente quell’accompagnamento amoroso e paterno che esprime l’Amore del Padre per i suoi figli.

Pertanto la Chiesa stabilisce i requisiti canonici per essere ammessi dal parroco proprio in cui si ha il domicilio canonico, al fine di ricevere il nihil obstat per il ruolo di padrino.

Il can. 873 afferma che può essere ammesso solo un padrino o una madrina, oppure padrino e madrina insieme. Si esclude la possibilità di due padrini o due madrine.

 

Il can. 874 elenca i requisiti:

 

Can. 874 – §1. Perché uno possa essere ammesso all’incarico di padrino, è necessario che:

1) sia designato dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci oppure, mancando questi, dal parroco o dal ministro e abbia l’attitudine e l’intenzione di esercitare questo incarico;

2) abbia compiuto i sedici anni, a meno che dal Vescovo diocesano non sia stata stabilita un’altra età, oppure al parroco o al ministro non sembri opportuno, per giusta causa, ammettere l’eccezione;

3) sia cattolico, abbia già ricevuto la confermazione e il santissimo sacramento dell’Eucaristia, e conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume;

4) non sia irretito da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata;

5) non sia il padre o la madre del battezzando.

  • 2. Non venga ammesso un battezzato che appartenga ad una comunità ecclesiale non cattolica, se non insieme ad un padrino cattolico e soltanto come testimone del battesimo.

 

Tra i requisiti fondamentali vengono elencati:

-L’attitudine e l’intenzione di svolgere tale incarico;

-L’età di 16 anni, tale requisito è soggetto di dispensa da parte del Vescovo o del parroco tenuto conto della giusta causa (es. l’approssimarsi del compimento dei 16 anni, la raggiunta maturità della fede a discrezione del parroco; etc..);

– Abbia ricevuto i sacramenti del Battesimo, dell’Eucarestia e della Cresima;

-Conduca una vita evangelica: si escude di conseguenza la permanenza in una scelta di vita contraria alla morale: (es.: i conviventi; coloro che sono sposati solo civilmente;  un separato o divorziato che convive con altra persona). Per contro può essere ammessa una persona sposata in Chiesa ma separata o che abbia subito il divorzio). Inoltre il parroco ha il compito di attestare la reale conduzione di una vita evangelica mediante la conoscenza diretta, domande ai candidati e se lo ritiene opportuno integrare la preparazione con una formazione prossima e immediata da impartire mediante un cammino di fede).

 

 

La Conferenza Episcopale Sarda ha elaborato un documento[3] rivolto alle comunità cristiane della Sardegna per offrire delle linee di orientamento generale sul ruolo dei padrini e delle madrine, presentando la figura del testimone al Sacramento del Battesimo e Cresima per quei casi di mancanza dei requisiti per svolgere la funzione di padrino.

Il §2 introduce la figura del padrino come testimone al battesimo: è il caso di un battesimo conferito ad una persona non cattolica. In tal caso il Battesimo si può conferire solo con la presenza di un padrino cattolico che funga da testimone.

Tale compito si inserisce nel ruolo del padrino in quanto esso non ha solo una funzione pedagogica ma ha anche quello di attestare l’avvenuto Battesimo. In quanto testimone del Battesimo ha il ruolo di testimoniare l’avvenuto conferimento del Sacramento. Ecco perché si parla di Testimone\Padrino.

Il documento della CEI Incontriamo Gesù afferma: “Si demanda alle Conferenze episcopali regionali il discernimento in materia e la valutazione dell’opportunità pastorale di affiancare – solo come testimoni del rito sacramentale – quelle persone indicate dalla famiglia che, pur non avendo requisiti prescritti, esprimono pur sempre una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa”. Perciò per quanto possibile occorre dare una formazione ai Padrini\Testimoni per accompagnare i Battezzati nella scelta di vita cristiana, fatta salva la libertà del Testimone il quale non può essere obbligato a condividere o abbracciare tale scelta di vita.

L’utilità della figura del Testimone è meramente giuridica ovvero risponde alla necessità di attestazione dell’avvenuto conferimento del Battesimo\Cresima. Dal punto di vista pastorale il documento la presenta anche come una possibile soluzione per venire incontro a quelle situazioni di incompatibilità dei requisiti dovuti per il ruolo di padrino.

Nel Codice troviamo il ruolo di Testimone anche nel can. 1108[4] riferito alla forma canonica del Matrimonio religioso. Al fine di ottenere un consenso valido,  Ad validitatem occorre la presenza concomitante di due testimoni, l’assistente come teste qualificato, valido consenso dei nubendi. Nel caso del Battesimo o Cresima il Testimone ha il compito solo di attestare l’avvenuto conferimento, dunque non occorre per la validità del sacramento. Di conseguenza la figura del testimone non è sottoposta a nessuna condizione. L’unico requisito richiesto è che la persona scelta come testimone sia fornito di uso di ragione e che sia capace di testimoniare). Introducendo tale figura viene data la possibilità di far fronte ad alcune situazioni in cui sarebbe impossibilitata la persona a fare da padrino: (la casistica apre un vasto ventaglio, es.: appartenente ad altre confessioni di fede, atea o agnostica, divorziata e risposata, chi è iscritto ad associazione contraria ai fini della Chiesa come la massoneria, etc.). Nel caso dei fedeli ortodossi (cfr. can. 685 §3) è data facoltà di ammettere un padrino di fede non cattolica ma allo stesso tempo insieme ad un altro di fede cattolica.

Per ciò che concerne la registrazione dell’atto di Battesimo nel registro parrocchiale occorre sottolineare che, come nel caso del testimone di un Battesimo previsto dal can. 874 §2, anche in questi casi devono essere annotati il nome e cognome del testimone e le generalità come prevede il can. 877[5]. L’età del testimone di Battesimo\Cresima non viene specificata come nel caso del Matrimonio, dove è richiesta la maggiore età, o nel caso dei padrini dove è richiesta l’età dei 16 anni.

A rigor di logica per l’età del Testimone potrebbe essere applicato come criterio la valutazione del Parroco o del Vescovo Diocesano, come nel caso dei Padrini can. 847 §1 n.2.

Durante  la celebrazione, differentemente dal Padrino\Madrina, al Testimone non deve essere data alcuna attiva partecipazione poiché il loro ruolo è unicamente quello di garanti per l’attestazione dell’avvenuto conferimento del Sacramento. Ogni Vescovo diocesano potrà dare ulteriori disposizioni nel merito del contesto celebrativo.

 

 

 

 

 

 

[1] Concilio ecumenico Vaticano II, Decr. Christifideles laici, 23.

[2] CEI, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 22 maggio 2014, 23.

[3] CES, Orientamenti Generali sul ruolo dei padrini e madrine, 21 ottobre 2016, in http://www.oglrchiesasarda.it/

[4] Can. 1108 § 1. Ea tantum matrimonia valida sunt, quae contrahuntur coram loci Ordinario aut parocho aut sacerdote vel diacono ab alterutro delegato qui assistant, necnon coram duobus testibus, secundum tamen regulas expressas in canonibus qui sequuntur, et salvis exceptionibus de quibus in cann. 144, 1112, § 1, 1116 et 1127, §§ 1-2.

[5] Can. 877 § 1. Parochus loci, in quo baptismus celebratur, debet nomina baptizatorum, mentione facta de ministro, parentibus, patrinis necnon, si adsint, testibus, de loco ac die collati baptismi, in baptizatorum libro sedulo et sine ulla mora referre, simul indicatis die et loco nativitatis.

Orientamenti generali sul ruolo dei padrini e delle madrine

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Sono stati numerosi gli argomenti all’ordine del giorno della Conferenza Episcopale Sarda riunita sotto la presidenza di S.E. Mons. Arrigo Miglio presso il Seminario Regionale a Cagliari, nei giorni 17-18 ottobre u.s. “Orientamenti generali sul ruolo dei Padrini e delle Madrine” e l’introduzione dei “testimoni” nei sacramenti del Battesimo e della Cresima. E’ stato uno degli argomenti trattati dalla Conferenza, sfociato poi in un documento a firma di tutti i Vescovi, rivolto ai sacerdoti e alle comunità parrocchiali della Sardegna. E’ un tema molto sentito, e spesso fonte di malumori e malintesi nelle relazioni tra parroci e fedeli. COMUNICATO – DOCUMENTO – 

Lettera della CDF Iuvenescit Ecclesia: Tutela e riconoscimento giuridico dei movimenti ecclesiali

Papa Francesco ha ordinato la pubblicazione del nuovo documento della Congregazione per la Dottrina delle Fede dal titolo Iuvenescit Ecclesia, rivolto ai Vescovi della Chiesa Cattolica. Il contenuto della lettera è incentrato sulla relazione tra i doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa. Con questo documento il Santo Padre “intende richiamare, alla luce della relazione tra doni gerarchici e carismatici, quegli elementi teologici ed ecclesiologici la cui comprensione può favorire una feconda ed ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione ed alla missione della Chiesa”. A ridosso del Cancilio Ecumenico Vaticano II, sono nate, come dono dello Spirito alla Chiesa, le nuove forme di comunità cristiane, le aggregazioni e i movimenti ecclesiali. Col presente documento il Santo Padre ribadisce alcuni criteri fondamentali da tenere presenti circa la salvaguardia di queste forme, la tutela e il riconoscimento del carisma originario e l’incremento del bene comune di tutta la Chiesa mediante l’edificazione del Corpo mistico di Cristo. I movimenti ecclesiali aprono una strada concreta di proposta per i giovani che vivono la diaspora del periodo post-cresima. Questi cammini di fede possono diventare così una grande possibilità per favorire l’incontro con Cristo, se in essi vengono favoriti percorsi e proposte educative significative. In tal senso il documento richiama l’importanza che in ogni Parrocchia venga dato spazio ai gruppi e alle aggregazioni giovanili che hanno proposte e cammini approvati dalla Conferenza Episcopale Italiana. Nel documento sono riproposti alcuni principi e criteri ecclesiologici fondamentali come la natura carismatica dei diversi carismi. Tra i criteri viene sottolineato il primato della vocazione alla santità, l’impegno per la diffusione del vangelo, la confessione della fede cattolica, la testimonianza di una comunione con tutta la Chiesa, la stima e la complementarietà con le altre aggregazioni carismatiche, la presenza di frutti spirituali e la dimensione sociale dell’evangelizzazione. Il carisma è un dono la cui rilevanza è estesa a tutta la Chiesa di Cristo. Non sono da inendersi come doni fini a se stessi, ma per l’incremento del Popolo dei battezzati. Pertanto occorre che vi sia un riconoscimento ufficiale e giuridico da parte della Chiesa universale circa l’autenticità di ogni carisma. Tale dono è dato ad un fondatore e continua a vivere in coloro che sono i testimoni viventi e nei testi scritti dei fondatori. In secondo luogo occorre che i carismi riconosciuti come strade valide per la Chiesa siano anche tutelati. Di qui la necessità che ogni carisma sia formalmente approvato mediante gli statuti e le costituzioni di ogni signola realtà carismatica. Il rapporto carisma-istituzione deve sempre essere espressamente mantenuto a fondamento di questo riconoscimento e a tutela dello stesso carisma. “Qui emerge il decisivo compito di discernimento che è di pertinenza dell’autorità ecclesiastica”. Perché sia riconosciuto tale ogni carisma deve facilitare a vivere non una parte del Vangelo ma tutto il messaggio rivelato in Cristo mediante la sua Incarnazione, Passione e Resurrezione. Il carisma diviene come un facilitatore nel cammino di sequela Christi. I carismi gerarchici hanno il compito di assumere questa responsabilità di tutela e garanzia rispetto ai doni carismatici. Del resto è pure necessario che le comunità carismatiche riconoscano la comunione con i propri Pastori. I doni gerarchici trovano la loro origine nel sacramento dell’ordine sacro, il quale viene trasmesso mediante la preghiera consacratoria e l’imposizione delle mani. Il documento insiste sulla dimensione del dono carismatico dato al fondatore rispetto alla partecipazione e alla successiva eredità spirituale che può essere vissuta da chi decide liberamente di far parte della comunità. “Le forme concrete e storiche di tale condivisione possono essere in sé differenziate; motivo per cui da un carisma originario, fondazionale, si possono dare, come mostra la storia della spiritualità, diverse fondazioni”. Viene ribadita l’utilità alla partecipazione a questi carismi anche per i ministri ordinati e per i religiosi consacrati come aiuto ad approfondire la propria fede in pieno ossequio alla volontà dei Superiori. Anche per i seminaristi in formazione è ribadito quanto già affermato in Pastores dabo vobis, ovvero che coloro che provengono da cammini di fede differenti rispetto alle parrocchie non devono sentirsi stradicati dalle loro realtà di origine ma devono inserirsi nel piano formativo del seminario apportando i frutti spirituali con la propria spiritualità.

Pertanto il documento ha lo scopo di chiarire e determinare la giusta collocazione da dare ai cammini di fede e alle nuove aggregazioni. Il Codice di diritto canonico non ha codificato la realtà di queste nuove comunità, ma lascia aperte diverse soluzioni possibili. Generalmente viene utilizzata la forma dell’associazione privata o pubblica di fedeli. Il documento dichiara che a partire dai rapporti tra carismi e doni gerarchici dovranno essere d’ora in poi tenuti in considerazioni due criteri fondamentali: il primo, il rispetto delle peculiarità carismatica di cui essa è portatrice; il secondo, il rispetto del regimen ecclesiale fondamentale, favorendo l’inserimento del carisma nel contesto della Chiesa universale e locale.

Don Riccardo Pinna

Docente Diritto Canonico all’ISSR